
Introduzione alla Blockchain
Negli ultimi anni, tutti abbiamo letto o sentito pronunciare la parola Blockchain.
In molti si chiedono di cosa si tratti, a cosa serva.
E ancora, ne avevamo davvero bisogno?
Parliamone.
§1 – Blockchain in poche parole
Ecco una prima, elementare definizione, più legata ai fini che non ai mezzi.
Una Blockchain è anzitutto un’infrastruttura informatica, hardware e software, dotata di proprietà uniche. In quanto tale, nasce per offrire particolari opportunità, per risolvere problemi specifici.
Per esempio: generare, conservare e scambiare asset digitali in piena sicurezza, senza alcuna forma di intermediazione, in totale assenza di problemi di fiducia; dar vita a un registro di contenuti, anche audio e video, impossibile da modificare retroattivamente, cancellare, hackerare; eliminare alla radice l’esistenza di beni digitali falsi, come opere d’arte, certificati e documenti di ogni natura (titoli accademici, cartelle cliniche, contratti fideiussori, quadri e fotografie digitali d’autore ecc.); rendere difficilissimo, con le dovute accortezze[1], falsificare beni fisici le cui attestazioni siano state tokenizzate in NFT (si pensi al certificato di autenticità di una bottiglia di vino pregiato).
Una Blockchain è come un libro mastro, riprodotto in molteplici, identiche copie.
Le copie esistenti vengono continuamente aggiornate con nuove scritture, tutte insieme, praticamente nello stesso momento e con le medesime, inedite informazioni.
Continuando nella nostra similitudine, ciascuna copia del libro mastro è affidata a un dattilografo, che ne implementa i contenuti sulla base di un accordo condiviso con tutti gli altri. Come in una tavola rotonda virtuale, fra membri paritetici.
Poiché ciascuno scrivente può vedere (e controlla) ciò che scrivono gli altri, ne consegue un confronto continuo fra i libri mastri, dove la totale trasparenza rende impossibile barare.
Se ad esempio il 99% dei partecipanti scrivesse “Carlo si è laureato il 20 gennaio 2022 in Ingegneria informatica”, mentre l’1% annotasse un’informazione diversa, le conseguenze sarebbero inesorabili: gli elementi malevoli verrebbero subito scoperti, e nell’interesse della collettività, estromessi.
Fin qui si è compreso come una Blockchain sia un sistema composto da elementi paritetici, che custodiscono ciascuno una copia di un registro condiviso, e dove l’accordo fra le parti governa la compilazione progressiva di quel registro.
Fuor di metafora, i dattilografi sono costituiti da computer (fisici o virtuali) separati e indipendenti, detti nodi, distribuiti in diversi luoghi (preferibilmente molto distanti fra loro); il libro mastro è un registro digitale condiviso, detenuto in copia integrale da ciascun nodo; ogni nuova scrittura, che viene convalidata e appuntata sul registro, è detta blocco.
Tutti i blocchi, dal primo all’ultimo, formano una catena indivisibile e non suscettibile di modifiche retroattive: per l’appunto, una Blockchain.
I lettori più attenti si saranno posti una domanda.
Su quali basi i nodi pervengono a un accordo su cosa scrivere, ogni volta, in ciascun blocco?
La risposta è complessa e articolata.
Ancora una volta, semplifichiamo.
Poniamo il caso di una Blockchain dedicata ai titoli di studio accademici, utilizzata quindi dalle università per registrare i certificati delle lauree e dei master conseguiti dai rispettivi studenti.
Sarà di volta in volta la singola università, ossia la fonte che eroga i titoli di studio, a dire ai nodi cosa scrivere. I nodi non avranno dubbi in merito: controllandosi reciprocamente, dovranno solo eseguire le istruzioni dell’ateneo e generare il certificato.
Nell’economia della nostra Blockchain, l’università prende il nome di oracolo.
L’oracolo è quell’elemento (che di solito si trova off-chain) che da parte della Blockchain è assunto come unica fonte di verità.
Una volta che l’oracolo sia stato selezionato in maniera congrua, identificato con assoluta certezza e debitamente connesso con il sistema virtuale, la Blockchain produrrà solo informazioni corrette.

§2 – Blockchain 1.0
A livello 1.0, quindi basilare, una Blockchain è costituita da 2 elementi: un registro DLT + un protocollo di tipo Blockchain.
Più precisamente, in termini informatici, una Blockchain è un sistema DLT (Distributed Ledger Technology), a cui è applicato un particolare protocollo, tale per cui: il registro condiviso è organizzato in blocchi di transazioni validate, temporalmente successivi e non modificabili in senso retroattivo, dove ciascun blocco è unito al precedente mediante tecniche crittografiche.
Alla base del concetto di Blockchain, si trovano quindi i concetti di Distributed Ledger Technology e le tecniche crittografiche (in particolare la c.d. crittografia ellittica).
Distributed Ledger Technology fa riferimento a registri digitali presenti in identica copia su numerosi computer, ampiamente dislocati nello spazio, che mettono al servizio della rete parte delle proprie risorse: i blocchi di dati vengono validati e registrati secondo regole scritte in un protocollo condiviso, ossia approvato e rispettato da tutti i nodi.
Un registro DLT è difficilmente attaccabile dagli hacker, in quanto basato sulla decentralizzazione dei nodi e la ridondanza delle informazioni in essi conservate.
La crittografia, soprattutto con riferimento alle tecniche informatiche, è un argomento troppo ampio per trattarlo in questa sede.
Basti notare come in ambito Blockchain, la crittografia sia uno dei pilastri che reggono un’economia multi miliardaria: se gli algoritmi crittografici utilizzati da sistemi come Ethereum si rivelassero vulnerabili, un intero segmento di mercato -con i suoi colossi multinazionali- sarebbe polverizzato in un istante.
Solo per fare un esempio, si pensi a quali conseguenze genererebbe un hacker che trovasse il sistema di invertire l’operazione crittografica dell’algoritmo ECDSA. Dalle chiavi pubbliche dei wallet Ethereum, e non solo, diverrebbe possibile risalire alle rispettive chiavi private.
I wallet verrebbero “svuotati”[2] in un attimo, miliardi di Dollari andrebbero in fumo con la criptovaluta Ether. Su scala internazionale, le prime pagine dei quotidiani non parlerebbero di altro.
Fortunatamente, una volta applicata la funzione ellittica dell’algoritmo ECDSA a una stringa di dati, non esiste tecnologia informatica che consenta di effettuare l’operazione inversa. Ed è proprio su tali presupposti che si regge l’assoluta sicurezza, l’inviolabilità di Blockchain come Ethereum.

§3 – Blockchain 2.0
Con il livello 2.0, che nasce nel 2015 con l’ecosistema Ethereum, per la Blockchain si aprono orizzonti del tutto nuovi. Orizzonti che entusiasmano non più solo i nerd della prima ora, ma interi settori industriali: fin da subito la Blockchain 2.0 suscita l’interesse delle multinazionali della finanza, e non solo, che iniziano a investire in criptovalute e potenza di calcolo.
Con Ethereum, la Blockchain diventa programmabile: a livello 2.0, in Blockchain non si configura più solo un registro su cui prendere appunti, come nel caso di Bitcoin, bensì un registro capace di eseguire un codice programmabile.
Se Blockchain 1.0 voleva dire Internet of value, Blockchain 2.0 è sinonimo di Internet of smart contract: nascono i veri e propri token, con lo standard ERC-20, i primi NFT ERC-721 e il concetto di timestamp[3].
La Blockchain diventa 2.0 grazie all’integrazione del c.d. Distributed Computing.
Ancora una volta, come nel caso della prima Blockchain (Bitcoin), l’alchimia sarà prodotta da una formula a base di ingredienti noti: Blockchain 1.0 + Distributed Computing = Blockchain 2.0.
Distributed Computing rappresenta il paradigma per cui una rete di computer separati e distinti uniscono le rispettive risorse, allo scopo di raggiungere un obiettivo comune, quale la risoluzione di un problema di calcolo.
Dal punto di vista operativo, del Distributed Computing sono possibili diverse configurazioni.
Nel caso della Blockchain, si utilizza un’architettura di tipo peer-to-peer.
Ciascun computer (o nodo) esegue dei software in autonomia, arrivando individualmente al risultato finale, i cui esiti vengono condivisi e confrontati con quelli degli altri computer. È da qui che si genera il consenso distribuito 2.0.

§4 – Blockchain 3.0
Nel momento in cui al Distributed computing della Blockchain 2.0 si applica una governance decentralizzata, si configura il terzo e (per ora) ultimo livello di sviluppo, appunto la Blockchain 3.0.
Una DLT regolata da protocollo Blockchain (Blockchain 1.0), caratterizzata da un’architettura Distributed Computing di tipo peer-to-peer (Blockchain 2.0), che opera sotto il controllo di una governance decentralizzata, costituisce nel suo insieme una dAPP (= decentralized Application).
Come i mattoni erigono il muro, così una dAPP è costituita da un sistema più o meno complesso di smart contract, ciascuno dei quali ne governa una o più funzioni.
Le dAPP differiscono dalle applicazioni centralizzate sotto molteplici aspetti, anzitutto la capacità delle prime di funzionare senza l’intervento umano.
Una volta attivata, salvo modifiche successive a opera dei programmatori, una dAPP vive di vita propria; essa consente l’accesso e l’utilizzo a chiunque, senza limitazioni né censure.
Le dAPP non archiviano i propri dati su server, bensì sui nodi che ne compongono l’ecosistema, essendo interamente basate su Blockchain.
Fra mille altre declinazioni, una dAPP può essere costituita da un marketplace decentralizzato di opere d’arte tokenizzate, piuttosto che da servizio di messaggistica crittografata su Blockchain.
Con la Blockchain 3.0 e le sue applicazioni decentralizzate, prende forma il Web 3.0, giustamente definito Decentralized Internet.
Si tratta di un vero e proprio ecosistema a sé, costituito da una moltitudine di dAPP che inter-operano, generando il paradigma 3.0, grazie al quale in rete non si può più solo fruire di contenuti e/o condividerne, ma anche possederne.
A livello 3.0, la privacy degli utenti assume un ruolo centrale, contrapposto alla sua totale -o quasi- assenza che ha da sempre caratterizzato il Web 2.0.
Web 3.0 vuol dire non solo possesso, ma anche pieno controllo sulla propria identità e tutte le informazioni a essa associate.
L’internauta 3.0 non è più una merce di scambio -spesso inconsapevole- nella disponibilità di aziende che offrono servizi gratuiti; o meglio apparentemente tali, in quanto retribuiti con dati personali (gusti, interessi, abitudini di acquisto ecc.), che nel Web 2.0 vengono collezionati, riorganizzati, rivenduti sul mercato. Da anni, queste pratiche alimentano il fenomeno dei Big Data.
Il protocollo 3.0 del Web è anche alla base del Metaverso.
Il Web 3.0 è unambiente ormai discretamente frequentato, dove operano una moltitudine di applicazioni, compresi browser 3.0: ne è un esempio il noto e diffusissimo Brave.
§5 – Dalle dAPP alle DAO
A partire dalle dAPP, la Blockchain 3.0 si arricchisce di un’ulteriore stratificazione: ha così origine la categoria delle DAO, acronimo di Decentralized Autonomous Organization.
Le DAO sono vere e proprie organizzazioni imprenditoriali, costruite assemblando insiemi di dAPP, che ne automatizzano la governance e tutti i processi decisionali.
Piuttosto che semplici applicazioni, le DAO sono aziende digitali a tutti gli effetti, in tutta la loro complessità, che operano nel Web 3.0; i manager di queste aziende altro non sono che smart contract, codici eseguibili che vengono attivati a determinate condizioni prestabilite, sulla base di protocolli condivisi a livello decentralizzato.
L’infrastruttura informatica di una DAO, quindi, sostituisce in tutto e per tutto l’intervento dell’uomo: ciò avviene nella regolazione della vita aziendale, come nell’erogazione di beni e servizi digitali; con qualche ovvia eccezione – come abbiamo visto a proposito delle dAPP: i programmatori – e qualche altra affatto scontata. Ad esempio, quando i governance token conferiscono diritto di voto –in ultima analisi- all’elemento umano dietro i nodi.

§6 – Conclusioni
Blockchain è un termine che ormai ricorre spesso, accanto a criptovalute, CEX, DEX, CBDC, Arte Generativa, Internet of Things, Finanza Decentralizzata, Web 3.0, Metaverso, Intelligenza Artificiale… Sono tutte parole che rimandano a un cambiamento di paradigma già in atto, indicando un periodo di transizione presente, che porta in sé i germi del futuro.
Sotto il nostro stupore, il mondo sta lasciandosi alle spalle un’epoca.
Ciò può costituire una fonte di stimolo, interesse, curiosità; talvolta di insicurezza, preoccupazione, quindi resistenza al cambiamento.
Al di là delle percezioni individuali, la storia ci impartisce una lezione incontestabile, una meravigliosa verità che non ammette eccezioni: ogni qualvolta la società assimila nuovi strumenti tecnologici, superate le barriere iniziali, il nostro quotidiano migliora in modo radicale.
Tecnologia è sinonimo di forme sempre inedite di efficienza, sicurezza, comodità, intrattenimento, passioni e stili di vita; nascono così nuove economie e modelli di business, che portano ricchezza e benessere fin dentro le case, gli uffici… e all’interno di quei luoghi virtuali, che ormai tutti noi frequentiamo, a cui (chissà perché) nessuno vorrebbe né potrebbe più rinunciare.
Vedi anche: Blockchain o blockchain; Ecosistema UniLedger.
[1] Per comprendere l’argomento, si consiglia di approfondire i temi della firma digitale associata al timestamp degli NFT, oltre che dell’uso degli oracoli in associazione agli NFT che certificano l’originalità di beni fisici (off-chain).
[2] Il termine svuotati è una metafora per semplificare il concetto: ci perdonino i più esperti in materia.
[3]Le categorie token, NFT, smart contract e timestamp, sono approfondite in altre sezioni del Sito.